Inclusività e linguaggio inclusivo
Sapere e potere accogliere nella propria comunità aziendale tutte le persone, senza discriminazione di genere, sesso, età, colore della pelle, orientamento sessuale è da sempre uno dei pilastri della visione del nostro Gruppo. L’inclusione è il primo passo per il superamento di preconcetti e stereotipi, che sono oggettivamente ostacoli per la crescita e sviluppo delle società.
La Nostra ambizione è anche quella di saper e poter presto utilizzare nella quotidianità aziendale un linguaggio ed una comunicazione inclusiva. Il raggiungimento di questo obiettivo ci permetterà inoltre di ascoltare categorie e comunità – le esperienze, le istanze, i problemi, i bisogni annessi – e adottare soluzioni linguistiche e comunicative, preferendo scegliere alcune parole ed espressioni ed evitandone altre.
Il linguaggio che include è quel linguaggio che accoglie le differenze e le molteplicità, e si basa su rispetto ed empatia: non discrimina ed è accessibile.
Il linguaggio inclusivo inoltre non fa uso di stereotipi, cliché o semplificazioni offensive, spesso supportati da “modi di dire”.
Includere, usando la comunicazione e un confronto genuino senza pregiudizi, significa far sentire i dipendenti sicuri di poter esprimere il loro sé autentico e il proprio potenziale, facendo leva su sensibilità e rispetto.
Questo favorisce lo sviluppo della “sicurezza psicologica” all’interno di un’azienda: la sensazione di poter esprimere le proprie idee, il proprio talento e il proprio potenziale in tranquillità e serenità mentale.
Laddove riusciamo a creare un ambiente di lavoro sicuro, privo di paure anche nelle relazioni tra team e colleghi, si generano benefici in termini di consapevolezza e sviluppo di linguaggio inclusivo che, a loro volta, favoriscono rispetto, innovazione e crescita.
Le Basi dell’Italiano inclusivo
Sono state proposte varie soluzioni per rendere l’italiano una lingua più inclusiva e neutra. Tra queste le più comuni sono l’utilizzo dei simboli @ e * oppure della vocale u (Es: Buongiorno a tuttu, o tutt*, o tutt@). Tuttavia, queste soluzioni presentano delle problematiche, in particolare i simboli non hanno un equivalente pronunciabile, mentre la vocale u non presenta una declinazione per il plurale. Viene proposta quindi come soluzione l’utilizzo della schwa (ǝ) e della schwa lunga (з), che è sia scrivibile che pronunciabile ed è declinabile sia al singolare che al plurale.
La schwa è una vocale centrale media, che nell’alfabeto fonetico internazionale (IPA) viene indicata con il simbolo /ə/. È presente nella pronuncia di alcuni dialetti e italiani regionali, come il napoletano, il ciociaro, il piemontese e nelle varianti orientali dell’emiliano-romagnolo.
Ogni parola che si declini al maschile e al femminile – articoli e preposizioni articolate, pronomi, sostantivi, aggettivi, participi passati – può essere così declinata anche in modo non connotato per genere.
Quindi, ad esempio, la parola maestra/maestro può essere declinata come maestrǝ.
Questo è ancora più importante al plurale, dove in italiano purtroppo si usa il cosiddetto “maschile inclusivo” per nominare una collettività di persone di generi misti e che, invece, è tutt’altro che inclusivo in quanto rende invisibile la presenza di persone di genere diverso dal maschile all’interno del gruppo.
In questo caso, quindi, ci si potrà riferire a un gruppo misto di maestri e maestre non con il maschile inclusivo maestri ma con il termine davvero inclusivo maestrз.
Articolo molo interessante, vorrei saperne di più...Grazie🙂